Voto 8. 127 ore è l'ultimo film di Danny Boyle, fresco vincitore d'Oscar come miglior regia nel 2009, per il film The Millionaire.
127 ore è un film autobiografico, che racconta un episodio tragico, capitato nella vita di Arson Ralston. Quest'ultimo è un avventuriero, amante del biking e del trekking, ma anche delle videocamere. All'età di 26 anni, Arston decise di avventurarsi nel Blue John Canyon dello Utah, dove ad attenderlo c'era un panorama davvero spettacolare, fatto di deserto, rocce, e dirupi.
Dopo aver conosciuto due giovani escursioniste, Arston decide di continuare il suo percorso, ma purtroppo imbatte in una grande roccia, che lo fa precipitare in un piccolo fosso.
La cosa più grave è che nella caduta la roccia incastra il suo braccio destro alla parete. Da quel momento comincerà il calvario per Arston che dovrà cavarsela in uno spazio ristretto con un solo braccio, con pochissimi alimenti e una borraccia d'acqua.
La scelta di Boyle di affidarsi ad una storia realmente accaduta potrebbe esser stata un'arma a doppio taglio. Da un lato infatti il regista in sede di sceneggiatura avrebbe saputo da dove attingere spunti. Dall'altro lato, Boyle ha avuto sicuramente dei limiti, in quanto il fatto era abbastanza circoscritto e non prevedeva grandi movimentazioni.
Proprio grazie a questo limite, Boyle, fa di
127 ore un film davvero molto bello e interessante.
127 ore è un film quasi claustrofobico, girato quasi interamente in uno spazio ristretto e con un unico attore, per giunta con un unico braccio disponibile. Simile in questo ad altri, ad esempio
Buried - Sepolto vivo.
La bellezza del film sta anche e soprattutto, nell'incentrare tutta la storia sull'avvenimento della caduta di Arson, non "perdendo" tempo nella presentazione del personaggio o della sua vita prima dello Utah. Scorci della vita del protagonista ci verranno dati in seguito attraverso flashback, quando Arson in preda al panico, deliri e allucinazioni rivedrà la propria vita, abbastanza egoistica.
La descrizione di Arson ci viene fatta invece, attraverso immagini. Quelle pre-caduta, ci mostrano un personaggio energico, amante della vita, della natura, del movimento. Paradosso vuole, che si trovi bloccato, con un sasso che gli consente di muoversi per pochi centimetri.
Scelta azzeccata anche quella dell'attore. Ad interpretare Arson Ralston, c'è un bravissimo James Franco, che sfrutta alla grande l'opportunità concessagli dal regista. Il suo compito non è facile, si trova costretto a recitare, solo, in uno spazio angusto e con poche possibilità di movimento. Se Tom Hanks in
Cast Away si ritrovava a dover parlare con una palla; James Franco è impegnato a litigare con una roccia.
Adesso ho tutto chiaro, sono io, l'ho scelto io, questa roccia è stata qui ad aspettarmi per tutta la vita, tutta la sua esistenza, fin da quando era solo un meteorite, un milione, un miliardo di anni fa, lassù nello spazio, ha aspettato di venire qui, proprio, proprio qui, per tutta la vita sono andato verso di lei, da quanto sono nato ogni mio respiro, ogni mia azione mi ha guidato fin dentro questa crepa sulla superficie della terra.Molto bella la scena in cui Franco si auto-intervista di fronte alla sua inseparabile video-camera e mette a nudo la sua vita e le sue emozioni, colpevolizzando il suo egoismo, e le sue scelte individualistiche.
127 ore parte a mio avviso, con un'arma in meno, ovvero il finale già conosciuto. Essendo tratto da una storia vera si sa infatti come va a finire la storia di Arson, il che toglie un pò di mordente. Anche il post-finale, sembra un pò superfluo.
USCITA CINEMA: 25/02/2011
REGIA: Danny Boyle
SCENEGGIATURA: Danny Boyle, Simon Beaufoy
ATTORI: James Franco, Kate Mara, Amber Tamblyn
Come hai anche citato tu il paragone con Buried è evidente, il film però ha quel tocco di originalità che a mio parere si distacca dagli altri film "claustrofobici", viene messa a nudo anche la sfera emotiva del protagonista, e questo è un grande merito.
RispondiEliminaIn effetti l'emotività è molto presente nel film, senza però cadere mai in piagnistei o accentuandone la drammaticità. Tutto ciò sottolineato da musiche affatto tristi in alcune scene...
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