1) Salve Alessandro e
bentornato sul mio blog. Da poco è uscito il tuo nuovo romanzo La
culla di Giuda, che ho avuto il piacere di leggere. Questa volta ti
cimenti in un racconto che ha le sue radici nel passato, precisamente
nel periodo dell'Inquisizione, della massoneria. Come nasce l'idea?
A.V. Ciao
Nico e grazie a te di avermi nuovamente letto e ospitato. “La culla
di Giuda” nasce da un breve itinerario estivo con la mia famiglia
tra i luoghi descritti nel romanzo, Rimini, San Marino e la fortezza
di San Leo. Le suggestioni dei posti, alcuni spunti ottenuti lì e un
bel po’ di approfondimento storico hanno fatto il resto, per un
romanzo che si è miracolosamente “scritto da solo” in meno di
venti giorni, proprio al ritorno dalle citate vacanze.
2) La culla di Giuda mi è
sembrato un ottimo modo di rispolverare una materia antica come la
storia, che molti studenti compreso il sottoscritto (ex-studente) la
trovano alle volte, inutile. Essendo un editore, credi che la
narrativa possa essere un sostegno per rinnovare l'istruzione?
A.V. In
modo assolutamente originale, hai definito questo romanzo
“pedagogico”, per le ragioni qui ricordate, e di questo ti
ringrazio. Hai ragione, la narrativa potrebbe e dovrebbe servire
anche al trasferimento di nozioni e messaggi importanti attraverso le
semplici storie, le vicende umane di tutti i giorni e una lettura
divertente. L’arricchimento culturale mediante uno svago, come solo
la lettura sa essere. Questo è il compito a mio avviso essenziale
della narrativa, e sono felice che ai tuoi occhi “La culla di
Giuda” sia stato un libro riuscito in questo senso, poiché, in
verità, era proprio uno degli obiettivi che mi prefiggevo.
3) Dopo la storia la
geografia. In questo romanzo fai viaggiare molto i tuoi protagonisti:
San Marino, Venezia, Rimini, Aix in Francia, etc. Le città in cui si
spostano le descrivi dettagliatamente, indicando anche le vie. Quale
di questi luoghi hai visitato e perchè ti sono sembrate adatte per
il tuo romanzo?
A.V. Le
ho visitate tutte in prima persona, ad eccezione di Varsavia e
Colmenar Viejo, sui cui luoghi ho approfondito da libri e
pubblicazioni varie. In quanto tappe dell’eterno peregrinare di
Cagliostro, sono stati quindi luoghi imprescindibili anche per la
costruzione del romanzo.
4) La culla di Giuda è
il titolo del romanzo ma anche un complicato attrezzo che sembra
molto doloroso. Hai visto personalmente questo strumento di tortura?
Perchè hai scelto proprio questo come titolo?
A.V. Ho
visto questo strumento come tutti gli altri descritti nel romanzo,
sì. “La culla di Giuda” ha un doppio significato: da un lato la
pratica di tortura da te citata, dall’altro l’essenza
dell’epilogo, che non ho qui, però, la possibilità e l’intenzione
di svelare.
5) Dice Caparezza che il
secondo album (in questo caso libro) è sempre il più difficile per
una carriera di un'artista. Quanto è stato difficile per te
staccarti dai tanti personaggi di Sin, per “concepire” queste
nuove vite?
A.V. Come
ho detto prima, “La culla di Giuda” è stato un parto
completamente spontaneo, un romanzo che si è quasi scritto da solo,
che è venuto alla luce in pochissimo tempo e con estrema facilità e
naturalezza. Un po’ come se fossi io stesso Valentino Mastro,
immerso nella storia che si dipana all’interno del libro. Erano
passati più di sei mesi dalla fine della stesura di SIN e
l’immedesimazione totale nei luoghi e nei personaggi de “La culla
di Giuda” ha permesso questo piccolo “miracolo” di creatività,
cioè un testo venuto su per genesi spontanea, istintiva, senza alcun
intoppo o difficoltà.
6) Valentino l'ho trovato
un personaggio buono, pulito, semplice, in cui il lettore medio si
potrebbe benissimo rispecchiare. Diverso quindi dai peccatori di Sin.
Come mai hai deciso di puntare su di lui?
A.V. Volevo
un personaggio ironico, scanzonato e canzonatorio al medesimo tempo,
quello che l’ambientazione di SIN non aveva permesso. Un
personaggio molto più vicino a me stesso, al mio modo di essere,
svincolato da quelle esigenze di angoscia e preoccupazione che
infondeva invece il cerchio di SIN. Un uomo che sa prendersi gioco
della vita pur se è stato da essa preso in giro, che conosce il
giusto peso da dare alle cose, che non confonde mai serio con
serioso. Un uomo che sappia andare avanti anche quando tutto sembra
girare nel verso contrario, amato e rispettato anche per questo.
7) Come ho accennato
nella recensione si tratta di un romanzo diverso rispetto a Sin. In
primis per la struttura, uno breve, l'altro lungo.
Essendo anche un editore
tra le tante cose, quale preferisci? E da lettore invece?
A.V. Da
editore, lettore e anche da scrittore (aggiungo io) li preferisco
entrambi, ognuno con la propria diversità. Parlando invece in
generale, da lettore non mi faccio mai influenzare dalla lunghezza di
un libro, preferendo due semplici categorie per definire i libri
stessi: quelli belli e quelli brutti. Da editore devo tuttavia
constatare che, soprattutto se parliamo di editoria emergente (quella
che quotidianamente pubblico e di cui mi occupo), un testo “snello”
aiuta sempre a sostenere la pubblicabilità (minori costi) e la
diffusione (per pigrizia generale del pubblico) di un testo.
8) Un altro aspetto
caratterizzante è l'utilizzo costante dei dialoghi diretti. Da cosa
deriva questa scelta?
A.V. Da
un esperimento di ritmo narrativo complesso da realizzare, ma spero
ben riuscito. La presenza costante, quasi totalizzante, dei dialoghi
ne “La culla di Giuda” conferisce al testo un’altissima
facilità e velocità di lettura, cadenza incalzante e difficoltà
per il lettore a staccarsi dalle pagine. Non è tuttavia semplice
trasferire un’intera storia, per di più con gli intrecci e gli
agganci di questa, facendo del dialogo il principale strumento di
narrazione. Agli occhi dei più disattenti potrebbe sembrare più
facile, in realtà donare ai dialoghi la loro verosimiglianza e
costruire trama e sviluppo psicologico dei personaggi (talvolta
persino morfologico) attraverso battute dirette, senza cadere nel
banale o nel surreale/paradossale, è complicatissimo. Spero di
essere riuscito nell’intento, che come detto in premessa può anche
considerarsi un vero e proprio esperimento letterario, già provato
anche in lavori precedenti (ma che usciranno, invece, successivamente
a “La culla di Giuda”).
9) Nonostante la
differenza di contenuti e strutturale, Sin e La culla di Giuda hanno
in comune l'aspetto enigmistico. Entrambi sembrano una caccia al
tesoro, con diversi indizi che in un certo senso sfidano il lettore.
Come nasce questa passione per gli enigmi e come riesci a incastrare
tutti i vari pezzi del puzzle?
A.V. La
passione nasce da una semplice predisposizione personale e dalla
convinzione che l’enigma sia sempre l’elemento centrale che un
lettore cerchi in un thriller o in un poliziesco, al di là di
contenuti più o meno reconditi e oltre qualsiasi messaggio
“pedagogico”, per ripercorrere la tua felice definizione. Ci
riesco studiando tutto prima, creando una struttura chiara e completa
ancor prima di scrivere la prima parola del libro. Magari, anche
attraverso quella cosa che qualcuno definisce “capacità” o
“talento”, che mi aiuta e sostiene in corso d’opera.
10) Un altro aspetto
comune è la presenza di un “grande burattinaio”, paragonabile
alla figura dello scrittore che manipola e in anticipo conosce la
sorte dei suoi protagonisti. Quanto ti diverti a “interpretare”
il ruolo del vero cattivo?
A.V. Tantissimo!
E tu, Nico, l’hai capito fin dalla lettura di SIN. In fondo la
contrapposizione tra il buono e il cattivo, tra il bene e il male,
oltre a essere elemento fondamentale del genere noir in generale, è
ciò che sostiene da sempre la letteratura, l’arte, la creatività
e il mondo stesso. Per quanto la fine del cattivo, in SIN e ne “La
culla di Giuda”, segua due strade assai diverse tra loro, al limite
dell’antitetico. In “La culla di Giuda” c’è una luce
maggiore, che sovrasta il buio apparentemente presente sulla
superficie di SIN.
11) Questo nuovo romanzo
è pubblicato con DrawUp di cui tu sei l'editore. Come procede la
recluta dei nuovi talenti. Quale caratteristica ricerchi nello
scrittore esordiente?
A.V. Procede
molto bene, con più di trenta pubblicazioni in un anno tra quelle
già esistenti e quelle in attuale fase di produzione. La
caratteristica principale di uno scrittore (sembrerebbe una banalità
ma purtroppo non lo è) è innanzitutto la padronanza di linguaggio,
intesa perfetta e totale e non in termini accennati. Appurata tale
qualità, laddove presente, la capacità di dire cose nuove e di
saperlo fare attraverso una struttura narrativa equilibrata e
lineare. Tutte cose che si possono perfezionare ma non si imparano
dal nulla, serve sempre quella dose di talento naturale necessaria a
ogni attività umana, quelle artistiche in particolare.
12) Due romanzi
pubblicati in questo tuo fiorente 2012. Cosa ci dobbiamo aspettare
per il nuovo anno?
A.V. Tanto,
almeno questo è ciò che mi aspetto io. In particolare, sto
scrivendo un libro sulla mafia siciliana degli anni ’80 e ’90,
tratto da un’intervista vera in tempo reale con un importante
pentito, e poi la storia raffinata e attenta di un gruppo di amici
tedeschi durante il regime nazista e la seconda guerra mondiale, le
cui strade prenderanno inevitabilmente tante direzioni diverse. Due
romanzi che potrei in entrambi i casi definire “storici”, uno
contemporaneo o quasi e l’altro che ripercorre la storia
d’inizio/metà del secolo scorso. Un po’ sulla falsariga dei
primi due, direi, dato che sia “La culla di Giuda” sia SIN
possono essere definiti romanzi ad ambientazione storica, se anche la
costruzione del futuro probabile assume la stessa dignità di quella
che ha la ricostruzione e l’analisi del passato. Già sono pronti i
due titoli, nonché una serie abbondante di pagine e capitoli già
scritti, per ambedue i lavori in programma nel 2013, ma preferisco
ancora tenere tutto per me, al momento. Non mancherà occasione…
Grazie ancora una volta per
l'attenzione ed il tempo concessomi. Come sempre in bocca al lupo per
i tuoi progetti e ti aspettiamo in libreria.
A.V. Grazie a te,
Nico, sei sempre molto disponibile e gentile, oltre che bravo e
preparatissimo.
Commenti
Posta un commento