Sono molto contento oggi di ospitare sul mio blog Luca Poldelmengo, scrittore e sceneggiatore che stimo molto per i suoi lavori tra cui citerei: Cemento armato (sceneggiatore), L'uomo nero ed il fresco Nel posto sbagliato. Proprio su quest'ultima fatica editoriale verte questa "intervista".
Benvenuto Luca, Nel posto sbagliato è un thriller molto
particolare ambientato in una realtà futuristica/fantascientifica. Come nasce
l’idea?
LP. L’idea nasce da due righe
lette ormai parecchi anni fa da un romanzo di Giancarlo De Cataldo(Onora il
padre). Lì si faceva riferimento a una tecnica usata dall’FBI,che tramite l’uso
dell’ipnosi permetteva ad alcuni soggetti di far emergere ricordi che loro
stessi non sapevano di possedere.
Non
interessa ciò che sai, ma ciò che contieni. Questa frase tratta dal tuo romanzo è un po’ il
cardine su cui ruota il metodo Red. Ormai siamo attendibili solo se abbiamo
prove registrate su un qualche dispositivo tecnologico?
LP. Non arriverei a dire tanto. È
indubbio però, ela cronaca ce lo ricorda quotidianamente, che sempre più spesso
le forze dell’ordine ricorrono all’uso di immagini registrate da telecamere di
sorveglianza o da comuni cittadini per risolvere i casi a cui lavorano. Io mi
sono limitato a estremizzare un modus operandi che di fatto già esiste.
Di quali strumenti ti sei avvalso per
rendere realistici dei macchinari e meccanismi futuristici?
LP. La storia è ambientata nel
2013, quindi, con l’unica eccezione dell’ologramma in grado di riprodurre il
contenuto della mente umana(che viene infatti raccontata come una scoperta frutto
di uno studio militare e in quanto tale segreta) non ci sono macchinari su cui
mi sia dovuto documentare. Per quello che concerne la possibilità di
rintracciare con precisione le posizioni dei telefoni cellulari(si chiama
triangolazione, ed è già possibile) mi sono avvalso di cognizioni inerenti al
mio primo impiego, nella vita faccio il tecnico elettronico. Diverso è il
discorso rispetto alla scienza medica e in particolare all’uso dell’ipnosi. Se
pure piegata alle necessità narrative l’uso che faccio dell’ipnosi nel romanzo
si basa su solide basi scientifiche, che ho appreso grazie alla preziosa collaborazione
di un luminare come il professor Mastronardi.
Mi è piaciuta molto l’immagine dei due
fratelli gemelli accostata a quella dei due serpenti: La diversità
nell’uguaglianza. Qual è il segreto per creare dei personaggi unici in un mondo
pieno di stereotipi come quello del thriller?
LP. Io tengo a differenziare gli
archetipi dai clichè. L’archetipo è una funzione, per certi versi un ruolo che
il tuo personaggio deve svolgere nella storia, è un ferro del mestiere. Una
storia, ancor più se di genere, si fonda sugli archetipi così come una macchina
si tiene su quattro ruote. Se il personaggio però è solo l’archetipo che
rappresenta, se quindi esiste solo in quanto funzione nella storia, allora si
cade nello stereotipo. Ma se quella stessa funzione è svolta da un personaggio
che ha una sua verità interiore, che può confliggere o meno con quello che è il
suo compito narrativo. Se quel personaggio ha dei bisogni e dei desideri oltre
la storia che voglio raccontare, allora c’è la possibilità che io stia
scrivendo un personaggio degno di questo nome e non una figurina. Vincent , il
protagonista del mio romanzo, credo
trovi la sua originalità, e quindi la sua verità, nel rapporto che lo lega a suo
fratello gemello, e in quello che ha legato entrambi a loro padre. L’anima di
Vicent pulsa in quelle sere sul divano a vedere vecchi film western.
Oltre all’aspetto folcloristico relativo
all’organizzazione della Red, la tua storia dibatte su temi importanti quali la
delicatezza dei dati sensibili. Esiste ancora la privacy? E nel caso esistesse
ancora, meglio sacrificare questa per una maggiore sicurezza fisica?
LP. Il romanzo muove proprio da
questa domanda. Ormai dal momento in cui usciamo di casa la nostra vita viene
continuamente ripresa da migliaia di telecamere di videosorveglianza. Una volta
erano solo di fronte alla banche, ormai sono dappertutto, una presenza a cui ci
siamo abituati ma che di fatto viola quotidianamente la nostra privacy. D’altro
canto, come accennavo anche prima, sempre più spesso la presenza di quelle
stesse telecamere mette le forze dell’ordine nella condizione di fare al meglio il loro lavoro. Ecco che si è
venuta a creare una dicotomia anomala, sembra che ai nostri giorni privacy e
sicurezza non possano più coesistere. Esiste un punto di equilibrio? Una linea
da non varcare? Nel mio romanzo pongo questa e altre domande, e provo anche a
dare una mia risposta.
Il finale di Nel posto sbagliato è
aperto. Quanto dovremo aspettare per il sequel?
LP. La storia lascia intuire un
proseguo della vicenda, che io naturalmente già conosco. Se i miei lettori ne
avranno voglia sarò lieto di raccontargliela.
L’uomo nero e Nel posto sbagliato sono
due romanzi estremamente diversi, quasi in contrasto. Il primo cinico e
realistico; il secondo complesso e che non si basa sulla realtà criminale
odierna. Quanto ti piace cambiare?
LP. Quando mi approccio a una
storia non lo faccio mai perché è vicina o lontana dalle cose che ho scritto in
precedenza, non c’è un tentativo di originalità ora come non c’era desiderio di
continuità quando dopo Odia il prossimo
tuo(il mio primo romanzo) ho scritto L’uomo
nero, due storie simili. Parte tutto da quello che mi stimola, che mi
incuriosisce, che mi fa vibrare. Questa storia parla del potere, della
possibilità di controllare le vite degli altri, si fonda su una tematica che
trascende i nostri confini. La periferia romana e la gente comune non sarebbero
statigli strumenti giusti per raccontarla.Credo che un bravo narratore debba
avere la capacità di rimettersi in gioco se è la storia che gli brucia dentro a
chiederglielo.
Hai sceneggiato Cemento armato, in quel
film recitava Giorgio Faletti. Quanto è stato importante Faletti per il mondo
della letteratura thriller in Italia?
LP. Faletti ha fatto una cosa
tanto semplice da essere rivoluzionaria, ha scritto in Italia dei thriller come
lo avrebbe fatto uno scrittore americano, questa è stato il suo fondamentale
apporto alla letteratura di genere italiana.
Chiuderei con una domanda che fa il
verso al titolo del tuo ultimo romanzo. L’Italia è il posto giusto per gli
scrittori?
LP. L’Italia oggi è il posto
sbagliato per tanti, credo che gli scrittori non siano annoverabili tra le
fortunate eccezioni.
Grazie mille per l'intervista concessami, è stato un vero piacere alla prossima.
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