Salve Luca e benvenuto sul mio blog. Complimenti sinceri per il tuo
romanzo e per la tua recente avventura americana. Per chi non avesse letto i
precedenti post su The Orange Hand, va specificato che il romanzo di Luca Tom
Bilotta
è ormai prossimo a diventare una serie
televisiva prodotta in America. Proprio da qui vorrei cominciare questa nostra
chiacchierata.
Com’è nato l’incontro con Albert Zuckerman e la Writers House? Com’è nata l’idea di far diventare The
Orange Hand una serie televisiva?
LTB «L’idea di trasformarla in una
serie televisiva era uno dei miei obiettivi personali fin dall’inizio, sono sincero. Ma
non è
facile
arrivare alla realizzazione di un proprio desiderio, anche se lo si vuole a
tutti i costi. In questo devo ringraziare il mio staff, le persone che lavorano
per me e soprattutto la mia agenzia Icaro Talent Agency e in passato la
EditFloor di Roma. Senza di loro, nulla di tutto ciò
sarebbe
accaduto. Forse il fatto di essere tutti
giovani ha permesso di rompere i canonici schemi del mercato letterario, perché
siamo
stati capaci di credere nei sogni. Quanto ad Albert, tutto è
sbocciato
quest’estate visto che dovevo
essere negli States per la fiction tv: ci siamo confrontati via mail, lui - che
non scrive mai a nessuno - mi ha detto semplicemente “Hi Luca, sono interessato
al tuo lavoro”
e ha
aggiunto che mi avrebbe chiamato appena sbarcavo in America. E così
è
stato,
ovvio che se non avesse letto alcuni stralci del libro in lingua inglese non
avrebbe mai risposto.»
Quali caratteristiche del tuo romanzo pensi abbiano
attirato gli americani ed il loro mercato?
LTB «Sicuramente
lo stile: scrivo in modo molto semplice, sia nel lessico sia nell’impostazione: amo le frasi
corte senza fronzoli e mi piace descrivere i luoghi con grande attenzione e cura.
Questo è
stato
un bel plus per essere considerato in chiave americana: in fase di traduzione
in lingua inglese, infatti, sono elementi molto importanti. Poi anche l’amore per la storia, che
inserisco sempre come sfondo nelle mie trame e per i fatti di cronaca visti con
un piglio giornalistico.»
Quando potremo assistere alla sua messa in onda in
Italia?
LTB «Ah,
me lo chiedo anch’io. Intanto si dovrà
attendere
la realizzazione dell’opera: i “lavori”
inizieranno
a marzo dell’anno prossimo, ma ci vorrà
un po’
di
tempo prima di concludere il tutto. Non prima della fine del 2016 sarà
sul
mercato canadese e americano, quindi in Italia - sempre che vengano acquistati
i diritti dalle tv nazionali - non prima della metà
del
2017.»
Qualche anticipazione sul casting degli attori?
LTB «Mi
piacerebbe, ma giuro che non posso!»
Prima storia efai subito centro andando a coprire il
mercato delle serie tv, il più attrattivo del momento. Qual è
il
tuo segreto?
LTB «Non
esiste un segreto, ho semplicemente scritto un’opera d’esordio con i suoi limiti e
pregi. Credo che nella vita si debba sempre lasciare un piccolo spazio al fato,
al destino. Ma lo si deve aiutare nel raggiungere gli obiettivi: costanza,
preparazione e tanta passione. Inoltre, aspetto che non dimentico mai, bisogna ricordarsi
che “i sogni si possono ottenere”
se si
hanno le capacità
e la
costanza per inseguirli. Credo che sia una bel segnale, al giorno d’oggi, soprattutto per i
giovani in cerca di lavoro o che vogliono lanciarsi in questa professione.
Certo: bisogna sudare, tanto… Sia chiaro!»
The Orange Hand è
un
thriller che si fonda su dati reali. Perché hai deciso di raccontarci questa verità
e
come ti sei documentato su questo tema?
LTB «Proprio
questo è
il
mio segreto, forse. Le storie di finzione che racconto devono avere una base
solida e reale di storia. In questo caso il Vietnam e il genocidio dell’Agente Arancio, ma può
essere
qualsiasi altra cosa. La verità deve essere analizzata in chiave giornalistica,
lasciando libera interpretazione al lettore con i dati oggettivi dei fatti. Già
la
parola “verità”
sarebbe
in teoria sbagliata perché
non
esiste, ma credo di aver reso l’idea.
Ovvio che per arrivare a tanto, devi prepararti: ho passato più
di un
anno in giro per le biblioteche d’Italia
a recuperare testi storici, oltre a quelli che già avevo in casa grazie a mio
nonno paterno (che ha lasciato in eredità all’autore
più
di
200 libri, n.d.r.).»
Il thriller sta diventando sempre più
un
genere che attraverso la suspense ci parla di ingiustizie o scorci di realtà
finora
insabbiati. Secondo te perché questo genere si adatta a questo tipo di contenuti?
LTB «Perché
dove
si annida il male, c’è
sempre
un’ingiustizia piccola o
grande che sia. In teoria, mi piacerebbe anche sdoganare altri generi oltre al
thriller. Perché
credo
che la “verità”
e la “storia”
possano
essere abbinabili a qualsiasi tipologia narrativa. Perché
sono “veri”, scusate per il gioco di
parole, ma intendo dire che raccontano qualcosa di realmente esistito e che
avremmo potuto provare tutti se fossimo nati in quei luoghi narrati.»
Joe Brigati è un giornalista e scrittore, professioni che eserciti
anche tu. Quanto ti assomiglia Joe?
LTB «Poco
a dire la verità, mi assomiglia nell’approccio alla vita - non
amo piangermi addosso, anche dinanzi alle ingiustizie più
grandi
mi rimbocco sempre le maniche della camicia - e nelle professioni. Era un modo
per raccontare il “vero”
del
giornalismo e del ghostwriting, come il sistema - se vuole - può
annientarti.»
Se dovessi scegliere un personaggio di cui fare un autobiografia,
chi sceglieresti?
LTB «Fantasticando?
Senza ombra di dubbio Al Capone, ma lo farei mettendo in risalto la sua vita
privata. Perché
da
quello si capirebbe un lato nascosto che la storia non ci ha mai raccontato.
Oppure restando in Italia, direi Giulio Andreotti: anche se purtroppo non c’è
più, basterebbe editare i suoi
diari privati di cui nessuno parla. Chissà quanti segreti verrebbero a galla da quelle pagine.
Sarebbe l’autobiografia del secolo.»
Se durante la tua professione di giornalista/scrittore
venissi braccato da un soggetto affinché ostacolasse il tuo lavoro, come ti comporteresti?
LTB «Lo
denuncerei, ma mi tutelerei anche cambiando residenza e forse nazione. Ma senza
particolari speranze, perché come ci insegnano proprio gli scrittori thriller “il male ti stana sempre,
ovunque tu sia”!»
Sei già al lavoro su qualche nuova storia?
LTB «Sì, oltre ovviamente alla
continuazione di “The Orange Hand”, sto realizzando un
romanzo storico-thriller/noir sul mondo del jazz nero americano anni ’30, con colonna sonora
firmata da un grande jazzista italiano. In teoria sarebbe un’opera concepita per il
mercato americano, ma spero tanto che alcuni contatti in essere con case
editrici di prima fascia italiane possano concludersi presto, per poterlo
vedere editato anche qui in Italia.»
Penso che la mia curiosità e quella dei lettori sia
stata pienamente soddisfatta. È stato davvero un piacere Luca e ti ringrazio. In bocca
al lupo per tutti i tuoi progetti.
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