In una cupa e claustrofobica città del Nord, un uomo e’ allo specchio: si chiama Sebastiano Spaziani,
e’ un ispettore di polizia; indaga sulla morte di due ragazzi, brutalmente uccisi. Lu è invece
una giovane tatuatrice, dall’ adolescenza inquieta e con un presente misterioso. Con l’aiuto del
dr Fleming, il medico legale incaricato delle perizie, Spaziani giunge ad ipotizzare che le vittime
praticassero riti satanici; forse, anche Lu è coinvolta negli omicidi. Intanto, la vita privata dell’ispettore,
si sfalda: la figlia Erika scompare in un rave party, la moglie si ammala irreversibilmente.
Egli riesce a stabilire un contatto con Seefr, il fratello di Lu, unico tramite per poter rintracciare
la figlia. Tuttavia il Male e’ dietro la porta…
Girato tra Vienna, Milano, Gallarate e Busto Arsizio, il film trae origine dalla convergenza di
diverse esigenze registiche: da una parte, quella di seguire l’ iter creativo delle opere precedenti,
quest’ ultime caratterizzate da una parossistica introspezione del lato più torbido dell’ animo
umano; dall’ altra, quella di raccontare una storia nella quale potessero confluire elementi rappresentativi
del cinema noir d’ autore, da Hitchcock ad Aldrich, da Friedkin ad Argento, tuttavia
filtrati in un’ ottica visionaria, soggettiva e contemporanea. Gli eventi del film si consumano in
un contesto volutamente decadente, specchio di una degradazione che è al contempo ambientale
e morale, dove la speranza lascia apparentemente il passo ad una solitudine incolmabile,
prodotto di scarto di un microcosmo, inevitabilmente proiettato verso il “ no future ”. Il pessimismo
di cui è intrisa l’ Opera, assume spesso la tonalità verde della muffa, il colore di tutto ciò
che è stantio e non si evolve. È come se i personaggi del film, cercassero di ribellarsi alla staticità
imposta loro dal copione; è una staticità strutturale che deriva da una scelta mirata del regista,
ovvero quella di effettuare le riprese in ambienti angusti, tali che potessero stimolare negli attori
stessi una reazione fisica, alla costrizione di dover recitare in un background ostile. Essi dovevano
vivere materialmente il peso di una degradazione che a quel punto smetteva di essere mera
finzione. Vi era da ultimo la volontà del regista di prendere le distanze da quel cinema italiano
che si ostina a privilegiare la banalità dei contenuti, alla forma del pensiero
GENERE: HORROR
DURATA: 83, 30 minuti
ANNO: 2014
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: GIOVANNI RUNCI
MONTAGGIO: MATTEO COVA
FOTOGRAFIA: ERIC BOUCHARD
INTERPRETI: FRANCESCO INGROSSO, FRANCESCA SEMENZA,
ANTONIO PICCOLO, SILVIA COLOMBO, ROBERTO CIVITANO
REGIA: GIOVANNI RUNCI (regista di La spiaggia 1998 - Level number three corto del 2003 - Death Delay corto del 2011)
Hmmma quindi ti è piaciuto? Merita?
RispondiEliminaNo in realtà ancora deve uscire, è un comunicato stampa di segnalazione :)
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