Una calda mattina di giugno a
Urbavia, amabile cittadina del Centro Italia che vanta una splendida
basilica cinquecentesca e una impareggiabile ricetta a base di
cinghiale. L’attenzione è tutta per le battute finali del torneo
di scacchi organizzato dalla locale Confraternita Scacchistica. Il
Grande Maestro Achille Petrosi ha già fatto la sua mossa e sta
aspettando irrequieto quella dell’avversario, che a dire il vero
non si è ancora presentato. Quale imprevisto può aver trattenuto il
Conte, uno dei favoriti alla vittoria? La risposta arriva poco dopo,
quando l’uomo viene trovato senza vita nella sua villa, ucciso a
coltellate.
Turbato dalla morte del collega,
e sospettato lui stesso del delitto, Petrosi decide di indagare
sull’accaduto con le poche armi che possiede: una
spiccata propensione al pensiero logico, una grande curiosità e una
conoscenza profonda del proprio piccolo mondo. Lo aiutano Alexandra,
una studentessa russa che fa la badante ma sogna di diventare
campionessa, il sanguigno collega albanese Daxa, una mamma
«generalessa» e molti, molti altri... D’altronde, ogni partita di
scacchi non è forse un romanzo giallo in cui un Re viene
assassinato, e bisogna capire come?
Per prima cosa, l’improvvisato detective passa al setaccio i
soci della Confraternita, sui quali sa di esercitare un forte
ascendente: in fin dei conti è un Grande Maestro, riverito da tutti
in quel piccolo mondo che ha leggi e tradizioni solo sue. Salta fuori
che il Conte aveva una relazione segreta con un altro giovane socio,
Righetti, detto lo Scemo; che stava meditando un nuovo, clamoroso
acquisto per le sue collezioni d’arte; che forse era finito tra le
grinfie di una banda di strozzini. E saltano fuori persino due
«fantasmi»: quello di Alexander Alechin, mitico campione russo del
secolo scorso, e addirittura quello di Stalin…
Proprio quando il quadro sembra assumere un qualche senso, la
polizia individua l’assassino, e chiude la pratica. Ma non per
Achille. No, qualcosa nella versione ufficiale dei fatti non torna…
Le indagini porteranno il Grande Maestro fino in Francia, dove,
tra una visita al figlio della vittima e una ricerca sui trafficanti
d’arte di Nizza, parteciperà (bisogna pur guadagnarsi da vivere)
al Gran torneo internazionale di Cannes. Qui lo attende la partita
della vita con il suo più formidabile avversario, che l'ha
inchiodato a una scommessa micidiale: se non riesce a batterlo,
Petrosi dovrà ritirarsi per sempre…
Sperling & Kupfer
pagg. 324 euro 17,90
BIO DELL'AUTORE
Paolo
Fiorelli è nato a Milano nel 1971, ma è cresciuto nelle Marche, tra
Pesaro e Urbino. Ha tre grandi passioni: i libri, gli scacchi e il
cinema. Di quest'ultimo scrive ogni settimana per il giornale «Tv
Sorrisi e Canzoni».
SEI DOMANDE ALL'AUTORE
Si fa presto a dire «giallo». Questo che tipo di romanzo
giallo è?
«Lo definirei un giallo giocoso. Del resto è incentrato su un
gioco! Ci sono tocchi di commedia, insomma. E la soluzione
dell'intrico sfiora il paradosso. Ma qui mi fermo, ho già detto
troppo».
Come è nato il personaggio di Achille Petrosi, campione di
scacchi e detective dilettante?
«Direi per generazione spontanea: poiché amo sia i gialli sia
gli scacchi, era inevitabile. In realtà le affinità tra un
detective e un giocatore di scacchi sono così tante, che mi
sorprende nessuno abbia creato questo personaggio prima di me. Ad
accomunare le due figure è la sete di conoscenza, il bisogno di
risolvere un mistero, la voglia di ricondurre il Caos a una nascosta
Verità. Del resto, come ho anche scritto nel libro, ogni partita di
scacchi non è forse un romanzo giallo in cui un Re viene
assassinato, e bisogna capire come?
Se poi vogliamo entrare più nello specifico della personalità di
Petrosi, potrei dire scherzando che gli ingredienti sono grosso modo
questi: un po' di me, di mio padre e dell'amico e giocatore A., con
abbondanti tracce di Tigran Petrosian (storico campione del mondo
degli Anni 60), Bud Spencer e Paolo Conte...
Il migliore amico di Petrosi è Daxa, un maestro albanese
arrivato fortunosamente in Italia, e ora ben integrato. Un inchino al
«politicamente corretto»?
«No, uno spunto preso dal vero. Tornei e circoli sono pieni di
ragazzi dell'Est che, forti della tradizione dei loro Paesi, spesso
ci «massacrano» a scacchi. Mi colpiva il contrasto tra
l'ammirazione che li circonda nei circoli, e i pregiudizi che devono
affrontare appena mettono il piede fuori... Il personaggio di Daxa è
nato così».
Perché gli scacchi riescono sempre a interessare i lettori?
«Gli scacchi hanno una forza simbolica e un fascino letterario
enormi. Ne hanno scritto autori come Zweig, Nabokov, Pontiggia,
Maurensig… Potrei quasi dire che il romanzo a tema scacchistico è
un piccolo genere in sé.
C’è persino un recente romanzo («Storia parziale delle cause
perse» di Jennifer Dubois, Mondadori) dove è evidente il valore
“mitico” che viene attribuito al giocatore di scacchi: la
protagonista ne cerca uno per chiedergli, nientemeno, che cosa fare
della propria vita!
Ovviamente l’aspetto simbolico è imprescindibile dal fascino
degli scacchi, e nel mio romanzo è ben presente. Ma devo confessare
che troppo spesso si intuisce che chi ha scritto questi libri non
conosce davvero gli scacchi. Pochi, per esempio, sanno restituire la
logica o i pensieri di un giocatore nella vita reale o durante un
torneo. Ed è un peccato, perché sono molto affascinanti. Quello
degli scacchi è un mondo misterioso, una specie di setta che i suoi
affiliati difendono gelosamente. Un microcosmo con regole,
tradizioni, valori tutti suoi. E io ho cercato di ricrearli
fedelmente».
Perché ha chiamato i capitoli «mosse»?
Il sottinteso è che il libro stesso è costruito come una
partita. È come se dicessi a chi legge: gioca una partita con me. Se
osservi bene le mie mosse potrai trovare i pezzi del puzzle, cioè
gli indizi che ho seminato in ogni capitolo, e alla fine risolverlo.
E quindi vincere la partita».
Ma lei gioca a scacchi? E quanto è forte?
«Sono un giocatore di categoria “Seconda Nazionale”. Diciamo
che sono abbastanza forte da avere anch'io un punteggio
internazionale e da poter partecipare a veri tornei agonistici: ma le
mie soddisfazioni si fermano qui. Addirittura mi capita di affrontare
anche dei Maestri. Con i quali, naturalmente, perdo sempre».
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